RIASSUNTO: Nello scorso episodio, Moonfang si becca una carie maiuscola a causa di certe terribili merendine somministrategli a tradimento per tenere fermi i VGL a Chicago. Portato a forza dal Dr. (Bob) Doom di Shehulkiana memoria, il licantropo quasi corre il rischio di venire sdentato da un sadico innamorato delle sue zanne…

 

PROLOGO: I Magazzini Loreson, copertura della divisione locale dello SHIELD, Chicago.

 

Il Supervisore di filiale, Alexander Goodwin Pierce, entrò pimpante come Wanda Osiris. Superata la porta, fece una bella giravolta e olè, dritto nella sua poltrona. Come al solito, allungò le gambe sulla scrivania, e si accese un sigarone extralarge. Tra un tiro e l’altro, mormorò la Carmen.

“È un pezzo che non la si vede così in forma, capo,” disse il suo assistente porgendo una pila di fascicoli. “Cosa si è preso, stavolta?”

Pierce prese il primo foglio della pila ed iniziò a studiarselo con aria serafica. “Io? Assolutamente niente, caro Ned; in compenso, ho appena mandato i Vendicatori in vacanza, abbastanza lontano da qui e in un posto abbastanza isolato perché non possano materialmente combinare guai. E se saremo fortunati, saranno loro stessi a chiederci di restare in vacanza permanentemente. La vita bella, caro mio…chissà perché non ci ho pensato prima….”

 

 

MARVELIT presenta

di Valerio Pastore

Episodio 12 - GREAT BALLS OF FIRE (Ovvero: Momenti di Gloria)

 

 

Parco Statale del Lago Le-Aqua-Na, Stephenson County, Lena, Illinois

 

Un quadro idilliaco: bambini che giocano sulle rive del lago. Genitori intenti a farsi la dose di tintarella. Pescatori fermi in mezzo al lago, limitandosi a pescare più fra le braccia di Morfeo che quelle di Nettuno. Giovani coppie intente nell’eterno gioco delle relazioni estive. Fusti per tutti i gusti intenti a sfoggiare i risultati di un anno di palestra…Con scarsi risultati, purtroppo: tutte le ragazze nel raggio di un chilometro facevano la fila per stare vicino al grosso lupo mannaro che si stava esibendo a sua volta. Loro gli si attaccavano ai bicipiti e lui le sollevava anche a due alla volta; sfoggiavano sorrisi milionari, e lui tirava fuori delle zanne da paura.

“Ashley, carissima, il tuo amico peloso è una miniera d’oro,” disse il fotografo, intento a scattare come se la sua macchina fosse stata una mitragliatrice -quello era un raro caso in cui il modello poteva assumere qualunque posa e sarebbe venuta una signora foto lo stesso. “Non ha delle amiche? Un servizio con entrambi i sessi sarebbe una bomba!”

Ashley Crawford, seduta su una sdraio, sorseggiava uno scotch on the rocks con fettina di limone. Guardò il fotografo attraverso gli occhiali a specchio. “Puoi provare a chiederlo a lui, ma temo che Lycus sia alquanto riservato sui suoi simili. Accontentati e ringrazia.”

“Oh, su questo ci puoi scommettere! Te ne devo uno.”

In quel momento, Lycus depositò a terra tre delle sue ammiratrici; si avvicinò ad Ashley, e si mise sdraiato accanto a lei.

“Non so neppure cosa ci trovi in te, palla di pelo,” disse lei, dopo essersi bevuta un altro sorso. “Ho un codazzo di ammiratori che venderebbero l’anima solo per stare una notte con me.”

“Il fascino della pelliccia, immagino. Trovalo in giro un altro boyfriend come me.”

Lei sospirò. “Vero. Anche se scommetto che non sarebbe difficile trovarne uno meno imbranato.”

“*Whine*”

Ashley si tolse gli occhiali. Aveva un’espressione intensa. “Dici di essere uno tosto, ma che ci fai in questa banda di matti? Non riesco neppure ad immaginare ragioni di spionaggio: saremo anche stati accettati dai Vendicatori, ma non abbiamo autorizzazione d’accesso ai loro archivi, non senza stretta supervisione. Non certo per il potere, o dubito che ti saresti scelto noi.” Concluse la tirata con un’occhiata interrogativa.

Lycus, che stava sdraiato sui gomiti, si mise completamente sdraiato, incrociando le braccia dietro la testa. “Il Consiglio del Popolo ha bisogno che io faccia branco con voi, ecco perché sono dei vostri.”

“Il…Consiglio..?”

“Il Popolo sono i lupi, naturali o licantropi che siano. Il Consiglio è composto di quattro mannari, i soli sopravvissuti ad un antichissimo conflitto. Hanno ormai oltre centomila anni, ed il loro potere e la loro conoscenza sono quelle degli Dei. Solo grazie a loro esistiamo ancora come specie, invece di essere stati completamente eliminati.”

“E che cosa vuole questo Consiglio dai Vendicatori dei Grandi Laghi?” Ora Ashley era davvero incuriosita: fino a quel momento aveva dato Moonfang per scontato, solo una delle bestie mannare che si aggiravano per il mondo. L’idea che facesse parte di una…civiltà era, per così dire, disorientante…

“Non lo so. So solo che è per il bene del Popolo, e tanto mi basta.”

“E se si sbagliassero? Insomma, neppure gli Dei sono infallibili…”

L’occhiata che lui le lanciò, senza dire una parola, la fece rabbrividire. Era la prima volta che lo vedeva con un’espressione insieme offesa e minacciosa nei suoi confronti..! Saggiamente, decise che era meglio godersi il resto delle vacanze senza tornare sull’argomento.

Le restava solo un dubbio: l’aveva abbordata per sincera attrazione o per interesse? Non poteva immaginare cosa ci potesse guadagnare un licantropo da una top model, ma lei era francamente contenta di una relazione non polarizzata dal fascino del denaro! Non avrebbe sopportato di essere trattata ancora una volta come un ‘giocattolo’..!

 

“Sei un supereroe, signore?”

L’uomo a testa in giù, appeso ad un ramo proprio sopra il bambino che aveva posto la domanda, fece un largo sorriso. “Penso proprio di sì, giovanotti. Anche se devo confessare che sono io ad ammirare voi.”

“Davvero?” fece la seconda dei due frugoli in precario equilibrio su un grosso ramo. Aveva il volto rigato dalle lacrime e gli occhi rossi.

Craig Hollis annuì. “Essì. Io mi sono allenato duramente per fare questi scherzi; voi come ci siete riusciti?”

“Teddy ha scommesso che non sapevo stargli dietro!” fece la bambina, praticamente una gemella del ragazzino dai capelli rossicci e la faccia lentigginosa. Insieme non avranno messo insieme 11 anni.

“Siete gente di montagna?” chiese Craig.

“Sì,” rispose Teddy con orgoglio. “Veniamo dal Vermont!”

“Posto carino, e un sacco di arrampicate da fare…Sentite, vogliamo continuare a parlarne a terra?”

“Ci fai scendere, signor supereroe?” chiese la bambina.

“Be’…Io non ho spazio per tutti e due, e poi non ho le cinture di sicurezza…Facciamo così: lo scivolo vi va bene lo stesso?”

“Sìì!” fecero i due in coro. Per tutta risposta, uno scivolo vero apparve accanto al loro ramo.

“Ogni vostro desiderio è un ordine. E ora, discesa!”

 

Quando i bambini furono a terra, l’elastico corpo di Harold Ventura tornò ad una forma più consona. I genitori dei discoli ringraziarono sommariamente i due eroi in borghese, per poi iniziare a preparare -con discrezione- gli strumenti di tortura necessari a disciplinarli.

“Famiglia simpatica,” disse Craig, mentre si allontanava al fianco dell’amico. “Mi ricorda la mia. Papà aveva l’abitudine di menarmi una volta all’ora, non importava se avessi fatto il cattivo o meno, e mamma mi teneva fermo.”

Harold, le mani affondate nelle tasche della sua giacca leggera, disse, “Mi sorprende che con un simile precedente tu abbia voluto fare l’eroe. Come mai erano così violenti nei tuoi confronti?”

“Lui era un alcolizzato, lei una prostituta tossicodipendente; io e mia sorella gemella un ‘incidente di percorso’.”

“Tua..?”

“Siamo nati in un quartiere popolare di Londra. Ricordo che i primi abusi arrivarono quando ero in culla. All’epoca i vecchi si alternavano fra me ed Evelyn. Credo che il mio potere di immortalità si fosse scatenato quando avevo ancora pochi mesi…capirai, con le pressioni ambientali che c’erano…”

“Tua sorella?”

“Papà era molto contento di me: poteva uccidermi quante volte voleva e poco dopo io ero sempre pronto per un altro round. Si arrabattava con piccoli lavori qua e la, quando ne trovava, perciò mi uccideva solo alla sera; una volta, di Domenica, mi fece fuori tre volte in una mattina.”

“Non sapevo che avessi una sorella.”

“Evelyn se ne andò di casa a dieci anni, e non dovette neppure impegnarsi a fare perdere le sue tracce: i miei non avevano la minima voglia di riprendersela. Io tenni duro per un altro paio di anni, anche perché avevo un’amica, forse la sola al mondo.”

“Dinah?”

Craig si appoggiò con la  schiena ad un albero; i suoi occhi spaziarono senza una direzione precisa, ma lui sapeva che lei era da qualche parte, a vigilare su di lui. “Proprio lei. Mi ricordo ancora la sua prima apparizione, quando avevo nove anni: era bella e aggraziata come un angelo. Mi ha insegnato la sua lingua, e mi è stata sempre vicina…e cantava quella strana nenia quando cominciavo veramente ad arrabbiarmi…

“Quando ebbi dodici anni, il giorno del mio compleanno, papà e mamma festeggiarono con una batosta speciale; odiavano il solo fatto che fossi nato, e la mia immortalità non li divertiva più, li irritava ancor maggiormente. Ma quella volta ebbero una bella sorpresa: ebbi la mia prima crisi di berserk. Appena fui rinato, mi scatenai in modo incontrollato; vedevo rosso, e quando riacquistai lucidità, scoprii di avere fatto un macello. Non avevamo molto, in casa, ma quello che c’era era ridotto in briciole…come i miei genitori.

“Ricordo distintamente di essermi seduto a terra e di avere cominciato a ridere in modo sguaiato. La polizia mi trovò così, tutto coperto di sangue e felice come non mai. Dinah non c’era, ma riapparve la settimana successiva, quando ero in riformatorio -oh, quello non durò molto, le autorità furono felicissime di lasciarmi andare, soprattutto dopo che avevo ridotto a malpartito metà dei miei ‘compagni’ e alcuni carcerieri.

“Passai un lungo periodo sotto sedativi,passando da un ospedale all’altro. In qualche modo, Dinah riusciva a starmi dietro, e fu lei ad aiutarmi a ritrovare le rotelle. Un mese dopo essere stato dichiarato ‘guarito’, la convinsi ad iniziare un’attività supereroistica. Il resto lo conosci.”

Harold scosse la testa. “Di una cosa sono certo, adesso: non conosco affatto te…Ma è vero anche che avevo troppa voglia di imitare fino in fondo il mio idolo, Mr. Fantastic, per pormi troppe domande. So di supercriminali che per molto meno di quello che hai passato tu hanno deciso di conquistare il mondo. Cosa ti ha spinto con una simile forza verso il bene? Il desiderio di non permettere che simili atrocità non capitano ad altri? Fare la tua parte per dare l’esempio? Migliorare la Società…”

“La ‘S’. È minuscola.”

“Scusa. Dicevo…”

“Sì, sì, ho capito. A dire il vero, ho scelto questo mestiere perché così posso darle di santa ragione a un fracco di gente e senza finire in carcere ogni volta. Anche questi attacchi di Berserk tornano molto utili per…”

“Come non detto,” sospirò Harold. Almeno, come Vendicatori a qualcosa servivano. Comunque, c’era almeno da sperare che l’autore, questa volta, si decidesse ad attenersi a questa spiegazione…Hm?

Qualcosa attirò l’attenzione della sua analitica mente: un elemento che, istintivamente, lo inquietò.

Un filo di fumo. Dalla foresta…In quella direzione, però, c’era anche lo spazio dedicato alle roulotte. E Stewart Cadwell aveva detto che avrebbe fatto almeno un grill-party…

Il filo di fumo, in quel momento, si ingrossò di colpo! Un po’ troppo, persino per un principiante cuoco!

“Ehi, ce n’è un altro, laggiù,” disse Craig.

Harold lo vide, e quello era proprio una colonna nera, gemella della prima. “Due incendi!” esclamò. “Capo…”

Craig annuì e mise mano al comunicatore da polso…che si attivò con un cicalio nello stesso momento.

“Parla Big Bertha,” disse la voce, ora meno sexy, di Ashley, “Parlo a nome del nostro imbranato pelosone, che ancora rifiuta di portare un comunicatore…” ringhio di sottofondo, suono di ceffone, uggiolio. “E fammi lavorare, no? Insomma, insieme all’odore di fumo sente anche odore di combustibile.”

“Ho pochi dubbi che sia doloso,” disse Harold, togliendosi gli abiti civili, per rivelare il costume blu e e nero di Flatman. “Due incendi contemporaneamente difficilmente sono un caso, e non con una simile potenza.”

Spogliandosi a sua volta, Craig, cioè Mister Immortal, disse, “Nella direzione di un incendio dovremmo avere già Thundersword e Doorman. Bertha, i turisti se ne stanno andando?”

 

“Come cervi di fronte a un branco di lupi,” disse la donna, che ora sembrava la sorella gemella del mutante Blob. Al ringhio di avvertimento del lupo accanto a lei, borbottò un “Scusa.”

“Bene. Assicuratevi che non ingolfino il parcheggio, o resteranno prigionieri. Noialtri penseremo a prendere i responsabili e trovare i turisti che potrebbero essere rimasti intrappolati dal fuoco. Vendicatori, uniti!

“Almeno sa dirlo bene,” disse lei. “OK, lupo: come te la cavi a sollevamento pesi?”

 

“FUOCO!” l’urlo arrivò come una bomba nel mezzo del party. Cadwell, che aveva il classico berretto da cuoco e un grosso grembiule con su scritto ‘Baciate il Cuoco’, voltò a più riprese la testa. “Fuoco? Dove?” Dimenticandosi dell’hamburger da tre dita che era nel mezzo di un triplo carpiato da maestro. La carne piombò sulla cima del cappello, facendolo ‘sedere’.

Il giovane di colore che rispondeva al nome di Hollis deMeere gli si avvicinò trafelato. Mentre l’altro si toglieva il cappello dagli occhi, Hollis disse, “È vero: sta arrivando un muro di fiamme! Dobbiamo squagliarcela, o…”

“Fuggire? Hah! Dobbiamo pensare piuttosto a portare in salvo i turisti e spegnere le fiamme! Siamo Vendicatori o no?”

Hollis osservò mestamente il fuoco che avanzava. Sembrava una cosa viva -ma chi cavolo c’era dietro? La Torcia Umana?

La gente se la stava squagliando con ogni mezzo possibile. Almeno le macchine erano a portata di mano, e salvo qualche tamponamento e fanali rotti, il campeggio si evacuò da solo e in fretta.

Sotto gli occhi di un ragazzo che, con sommo sprezzo del pericolo, o per incosciente sogno di gloria, stava filmando la scena con una videocamera, Stewart si tolse il grembiule con un gesto teatrale. “Bene. E ora, facciamo vedere di che pasta siamo fatti! Stai indietro, Hollis.”

Hollis obbedì; Stewart afferrò il pendente -un cubo trasparente in cui era incastonato un fulmine- che fu il suo Premio Shazam, lo sollevò al cielo e disse, “A me il Potere!

“Guarda che quella frase ha il…” Hollis non fece in tempo a finire, che un fulmine con i fiocchi investì Stewart. La luce fu talmente intensa che l’uomo vi scomparve dentro, e il casino che fece fu sufficiente a portare alla sordità. “…copyright.”

“Una frase appropriata resta una frase appropriata,” disse Thundersword, avvolto nella sua armatura d’oro.

“I miei occhi, sono cieco sono cieco!” stava urlando il povero turista, contorcendosi al suolo -pessima idea, quella di filmare la ‘trasformazione’ senza un adeguato filtro sull’obiettivo!

T-Sword fece un sorriso ‘dentato’. “Doorman, carissimo amico e compagno d’arme…Non potresti mica..?”

Una specie di macchia nera, come un Sole al negativo apparve sul torace di Hollis. La macchia si espanse velocemente, irradiando, fino a quando non ebbe coperto l’intero corpo, lasciando al posto degli occhi due romboidi bianchi. “Lo salvo per primo, tranquillo…sperando che non ci sguinzagli gli avvocati.”

“Appunto. Dicevo…” passò subito a mormorargli l’eroe in oro là dove dovrebbe esserci l’orecchio, “…non è che ti è capitato che qualcuno resti, per così dire, ‘perso’…”

Doorman fece subito ‘no-no’. “Ho imparato a concentrarmi sul punto di arrivo, quindi, ora scusami…” si sdraiò sul cristo agonizzante, che scomparve nella distorsione spaziale che era il corpo dell’eroe. “Fatto. E ora…” In quel momento, suonò il comunicatore del Vendicatore dorato: era Immortal, con le istruzioni sul da farsi. Terminato il resoconto, Doorman disse, “Ricevuto, capo. Lo spegneremo in un baleno. Coraggio, Stu, si va!”

Thundersword lo guardò volare via -lasciandosi ‘attraversare’ dalla gravità- e scosse mestamente la testa. “Quando impareranno questi ragazzi che un avvocato vale più di mille atti d’onore…”

“Hai detto qualcosa?” fece Immortal.

“Eeep!” si affrettò a chiudere il comunicatore, per poi urlare, “Fido Boronin, a me!

Altro colpo di fulmine, ed altri piccoli principi di incendio nel prato del parcheggio. Thundersword si affrettò a pestare i focolai, non senza qualche intraducibile imprecazione, e finalmente saltò in sella al pegaso bardato. Spiegate le ali, Boronin decollò, e l’eroe ebbe modo di apprezzare il terribile spettacolo delle fiamme che si estendevano velocemente per ogni dove. “Sembra una stella di fuoco. Mai visto un fiero incendio spargersi in siffatta guisa.”

“A chi lo dici,” disse Doorman. “Se riuscissimo almeno a localizzare…Guarda!

Thundersword seguì il dito, concentrando il proprio sguardo attraverso la visiera a specchio, verso la nuova, anomala lingua di fuoco che si era appena estesa dal corpo dell’incendio; il suo potere filtrò il bagliore delle fiamme, e… “Misericordia! C’è un mortale, là dentro! È lui che attizza il fuoco!”

“Lo hai detto, campione. Io vado a dargli una sistematina, tu preparati a fare venire giù un po’ di pioggia, ma solo al mio segnale.” Prima che TS potesse rispondere, Doorman stava già scendendo verso il criminale.

 

“AHAHAHAHAH! Brucia, maledetta sterpaglia, brucia e fammi felice! Cosììì!” L’uomo aveva la costituzione di un gorilla, tozzo e sgraziato. Indossava una tuta di materiale isolante -mica era fesso, l’amianto faceva male!- e fra le mani reggeva un mostruoso lanciafiamme collegato allo zaino maxi che reggeva sulle spalle. Dalla sua arma partivano bordate di fuoco che avrebbero fatto molto felice un pompiere di Ray Bradbury.

Il gorilla piromane fece una rapida pausa per buttare giù una merendina[i] Hostess, poi settò il cannone per fare un vero falò. Questo era stato solo un assaggino, tanto per gradire…

Puntò il cannone. Avrebbe lasciato il suo marchio fino in Canada, sì; a quel punto, lui e il suo socio avrebbero potuto diventare straricchi per davvero!

Premette il grilletto.

*pif* una miserabile gocciolina di combustibile colò dalla bocca del cannone.

“Come sarebbe a dire ‘pif’?” il piromane ripremette il grilletto più volte, ma niente di niente. “Ma per la mi*°ç#! Vedi un po’ che succede a comprare la roba dai Cinesi!”

“Eh, sì, proprio un casino fidarsi dei prodotti sottocosto,” concordò qualcuno dietro di lui.

“Hai ragione, amico,” disse il gorilla, occhieggiando dentro la sua arma. “Ma sai com’è, il Riparatore ormai ha delle tariffe impossibi…EHI!” Voltò la testa di scatto. “L’Uomo Ragno? E che ci fai qui?”

“Risposta sbagliata, bello,” disse Doorman. Le sue mani erano infilate nello zaino alimentatore. “E poi, il mio non è un costume. Vedi, in questo momento tutto il tuo carburante se ne sta andando attraverso le mie mani da qualche parte nello spazio. Insomma, quella gocciolina era tutto quello che ti è rimasto.”

“Io…”

Un sonoro cazzotto alla mascella grossa ma di vetro lo stese a dovere. “Fesso.” Poi voltò la testa verso l’alto: era un tuono quello che aveva appena sentito..?

 

Moonfang correva come il vento; accanto a lui, una grossa palla blu faceva fatica a tenere il passo a suon di rimbalzi. Sottofondo: theme de ‘il Prigioniero’.

“È da questa parte,” disse il licantropo, incurante delle fiamme che ormai erano abbastanza vicine da stordire un uomo. Teoricamente, Flatman e Immortal sarebbero bastati allo scopo, ma senza i preziosi sensi del loro compagno, tanto valeva lasciare che l’incendio divampasse!

Ad un certo punto, Moonfang si fermò. “È dritto davanti a voi. Non potete sbagliarvi.”

“Fa troppo caldo, anche per il costume isolante!” la bolla si sciolse, rivelando Immortal.

“Non importa,” fece lui, avanzando verso il muro di fuoco. “In fondo, è un buon giorno per morire…Piuttosto, ‘Fang, sei sicuro che lì ci sia il colpevole e non un poveraccio nei guai?”

“Tranquillo capo, il muso ispiratore dell’autore mi ha detto che vule farla finita presto, qui.

Immortal scroccò le dita. “Benissimo. Nel qual caso…Banzai!” e partì di corsa.

Loro lo videro sparire nelle fiamme. Moonfang deglutì. “Secondo te ce la fa a resuscitare?”

Flatman era pensoso. “Senza dubbio. Mi chiedo piuttosto quanto ci metterà per morire…” diede un’occhiata al suo orologio. “Non è mai stato sottoposto a sollecitazioni continue, è sempre stato un evento isolato...Sai, mi chiedo se quelle crisi di berserk non abbiano una qualche specifica funzione. Craig mi ha detto che la prima è giunta con la pubertà; magari è solo un caso, ma non voglio escludere…

In quel momento, si udì un urlo più simile al ruggito di una belva con la rabbia, che di un essere umano. Poco dopo, si udì una seconda voce. “E tu chi sei? Cazzo, non può essere! Brucia, maledetto, brucia! Ehi, fermo! Aspetta, la vuoi una merendina[ii]..?AAARGH!” Quello che seguì non può essere descritto a causa delle fiamme, ma di sicuro fece venire i brividi persino a Moonfang. Suoni di sinistri laceramenti, di mozzichi, di scazzottate, di una nenia di Raul Casadei, e soprattutto di molte, inutili preghiere ed implorazioni. A intervalli regolari, un dente insanguinato, o un pezzo d’orecchio, o un occhio, schizzavano via dalle fiamme. Con molta discrezione, Flatman li raccoglieva per rimettere assieme il malcapitato piromane.

In quel momento, il cielo si riempì del rumore del tuono. Due teste si sollevarono a guardare verso il sipario di nere nuvole appena apparso in cielo. Un attimo dopo, quelle nuvole scaricarono una pioggia degna di un acquazzone tropicale.

Dalle fiamme, ormai ridotte ad una frazione della loro forza, emerse Mr. Immortal, fresco come una rosa e con in spalla un corpo vestito di giallo e rosso -per quel poco che era rimasto del costume; il resto era tutta una massa tumefatta e sanguinolenta.

Immortal gettò a terra il piromane. “Si chiama Hotshot; lui ed il suo compare Blowtorch, che è di Chicago, si sono incontrati in una mailing list di piromani, e hanno deciso di fare una scommessa: vedere chi di loro due per primo bruciava questo parco. E poi dicono che lo svitato sono %&$* io!”

Flatman disse, “A proposito, gli altri hanno comunicato di avere preso Blowtorch...”

“Magnifico. Adesso impacchettiamoli per bene, che ho voglia di godermeli questi ultimi giorni di ferie.”

La pioggia spense le ultime fiamme. Flatman, vedendo che se anche il costume di Immortal era rimasto intatto, così non era stato per il comunicatore, usò il proprio per dire a Thundersword, “Ottimo lavoro, Stewart. Adesso puoi interrompere la pioggia.”

In tutta risposta, la pioggia, semmai, si intensificò!

“Uhm, Stu..?”

“Mi dispiace, ma non ci riesco,” disse la voce di Thundersword. “Insomma, il fatto è che è la prima volta, e…”

“Stu, non mi dire quello che temo tu ci voglia dire,” disse Immortal.

“Non posso proprio fermarla, mi dispiace. Anzi, temo di stare succhiando via molta umidità atmosferica dal resto del pianeta…forse in Europa cominceranno a sentire un po’ più di caldo…”

Immortal non disse nulla, ma gli altri furono sicuri che quelle che colarono lungo il viso fossero lacrime e non acqua…



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